La sera ci dava carta bianca, Nauris
e tu vi rollavi un poco del tuo
tabacco discreto. Io vi appuntavo
qualche parola al rabbocco,
prima di soffiarvi sopra
una voce più asciutta.
Poi ci siedevamo alla scacchiera
oleata di fresco, il tuo sorridere etrusco
si incideva senza fretta per ogni
malinteso scoperto.
Rombava e tu inforbiciavi un’altra sigaretta
tradendo una mano più vecchia dell’altra:
«Sono rimasto una volta alla pioggia» – dicesti.
«È impossibile bagnare quanto già zuppo.»
Mu
Due sopracciglia in disordine
una piccola cicatrice d'infanzia.
La linea dell'orizzonte sulla sabbia
e quattro gocce di tè verde.
Così si scrive il vuoto su carta.
venerdì 2 maggio 2008
a Nauris
Postato da Alfio alle 00:10:00
Cartelle: di riflesso, per chi rimangono accese le luci
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1 commento:
Questo pezzo è dedicato al mio caro amico Nauris dalla Lettonia, alla sua teologia blasfema, e alle nostre partite a scacchi a oltranza nell'estate heidelberghense.
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