E' così: pochi click ed ecco che il web si comprime, si stipa un altro po'. Pochi click ed ecco occupato un altro po' di vuoto telematico, di vuoto fotonico - buio pesto o abbaglio luminoso che sia. Ammassato, colmo, imbottito, farcito di altre parole, altre immagini, altri suoni. Mi chiedo quanto spazio abbia il web, dove finisca e dove non si interrompano l'un l'altro i suoi contenuti.
Tutti cercano uno spazio soprattutto per riempirlo di se stessi, io sento invece il bisogno di uno spazio vuoto, e però non può essere lo spazio di un infinito vago e astratto. Al contrario deve essere uno spazio preciso, concreto, definito. Definito da cosa? Da altre parole, chiaro, altre immagini, altri suoni; di un'altra concentrazione, però, un'altra densità, un altro peso specifico: non più contenuto, ma contenenti - parole vuote, quindi, ma definite, pronte a raccogliere da un lato e a lasciar cadere dall'altro.
Sciolto il ripieno del significato, la farcitura del senso, non resta che masticare il guscio vuoto. . .
«finché cade il dente».
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