I koan apocrifi che da ieri sono cominciati ad apparire sul blog, costituiscono insieme agli haiku barbari un’altra parte del progetto «apocrifia zen» a cui sto lavorando attualmente. Spiegherò meglio di cosa si tratta nel prossimo post, qui invece spenderò brevemente qualche parola su questi koan apocrifi.
Le raccolte di questi ‘casi’ furono compilate da maestri e studiosi del buddhismo ch’an (l’antenato cinese dello zen), i quali erano soliti aggiungervi in coda alcuni versi (assolutamente non lirici) e a volte persino un commento al caso, non di rado ancora più oscuro del caso stesso. Rispetto a questa forma, ho mantenuto la presenza della poesia a seguito del koan, rinunciando invece ad apporvi anche il commento, non solo per ragioni di leggerezza.
Ora, prima di dimenticare tutto quello che avete letto sopra, ricordate che il koan può aiutare solo chi coltiva fino alla fine il «grande dubbio» da esso provocato.
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