Mu


Due sopracciglia in disordine
una piccola cicatrice d'infanzia.

La linea dell'orizzonte sulla sabbia
e quattro gocce di tè verde.

Così si scrive il vuoto su carta.

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sabato 28 febbraio 2009

Sui koan apocrifi


In questi giorni, rileggendo i koan apocrifi, mi sono accorto di quanto sia importante il dialogo invisibile che si instaura tra le due parti del koan, il caso vero e proprio e la poesia seguente, in quanto esse si parlano da posizioni e momenti diversi rispetto all'esperienza decisiva dell'illuminazione. La prima fa infatti principalmente suo il punto di vista dell'allievo che è ancora alla ricerca, che pone le domande al maestro, e ancora non afferra l'inafferrabile, trovandosi al di qua dell'illuminazione; la seconda, invece, riflette il punto di vista del monaco che ha compilato la raccolta dei koan e che, dopo anni di intenso lavoro interiore, si trova ora al di là di essa. Così, come fossero essi stessi un allievo e il suo maestro, o, ancora meglio, come fosse lo stesso monaco a rivolgersi al sè stesso del passato, il caso e la poesia si mettono in comunicazione diretta, attraverso quel bianco di pagina che li separa. Cosa si dicono? Nulla naturalmente: il messaggio è vuoto. A contare è il contatto, l'essenza stessa della comunicazione.


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domenica 22 febbraio 2009

Koan apocrifi: Caso XII


Due monaci nel loro cammino si trovarono davanti un fiume. Poiché uno esitava, l'altro disse: - Avanti! È la stessa acqua di ieri!


Poesia


Un monaco si ferma prima del fiume
e la corrente lo trascina fino a valle.
L'altro si immerge fino al sopracciglio
bagnandosi una volta soltanto.
Davanti a una tazza di tè,
io non sono lo stesso di ieri.


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domenica 15 febbraio 2009

Fuori stagione [VI]


Mattino di studio.
Sulla pagina un ciglio?
No, è matita!

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domenica 8 febbraio 2009

Souvenir dalla Svezia


Mi hanno portato un souvenir dalla Svezia.
Che sia dalla Svezia non si può dubitare
per via di una grossa scritta in inglese “SWEDEN”
pensata per chi, come me, ignora lo svedese.

È proprio uno strano souvenir, questo dalla Svezia.
È difficile descriverlo o spiegare cosa sia.
Che sia di legno lo si immagina,
sotto il denso strato di vernice
giallo canarino-blu elettrico, e del resto
in Svezia il legno di certo non manca.

La forma è quella di una renna
ma si può anche smontare,
questo souvenir dalla Svezia,
di volta in volta vi si può vedere
una procace e sorridente bionda con le trecce
in abiti tradizionali, oppure
il re Carlo Gustavo XVI,
ma è chiara anche l’allusione
al premio Nobel, al Welfare State, al fenomeno
del sole a mezzanotte.

L’ho messo su un ripiano della libreria,
tra un portafotografie e un posacenere
di marmo mai usato.
Spesso il mio sguardo vi si sofferma
mentre cerco un libro, un disco oppure mentre
sono in piedi al telefono, o se c’è un ospite
seduto sul divano che mi spiega
la mistica del golf.

Non so dire se mi piace,
questo strano souvenir dalla Svezia,
ma non penso di metterlo via,
pure se non ricordo più neanche
chi me lo ha dato e quando.

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domenica 1 febbraio 2009

Inverno [VII]


Inverno sui monti.
Nel suo rifugio l’orso sogna
i boschi innevati.

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