Mu


Due sopracciglia in disordine
una piccola cicatrice d'infanzia.

La linea dell'orizzonte sulla sabbia
e quattro gocce di tè verde.

Così si scrive il vuoto su carta.

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mercoledì 9 gennaio 2008

Come a Ostenda


Scalciati dalle onde i palazzi
digradavano infine verso il mare
colore novembre.

Il vento schiantato sulle gote
lasciava in asso le giostre spente e un cane
depistato dalla burrasca dei giorni prima.

Ricordo che dal naso soffiasti allora
ogni marina schifezza
sradicata per la chioma esule
sulla spiaggia d'inverno insieme ai denti
persi dal mare.

L'ombreggiatura del bagnasciuga
aggiornava in tempo reale
i confini di una terra di nessuno.

Ne prendevano nota i gabbiani
appostati sui trampoli e le teste
incappucciate nelle ali.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

MALL

Ca pika shiu rane mbi qelq.
Per ty une befas ndjeva mall.
Jetojme te dy ne nje qytet,
Dhe rralle shihemi sa rralle.

Edhe m'u duk pak e çuditshme
Si erdh kjo vjeshte, ky mengjes.
Qiejt e ngrysur pa lejleke
Dhe shirat pa ylber ne mes.

Dhe thenia e vjeter e Heraklitit
Seç m'u kujtua sot per dreq:
"Te zgjuarit jane bashke ne bote,
Kurse te fjeturit jane veç".

Ne ç'enderr kemi rene kaq keq,
Qe dot s'po zgjohemi valle?...
Ca pika shiu rane mbi qelq
Dhe une per ty seç ndjeva mall

Un giorno lo spedirò in italiano anche se sono sicura che non renderà come nella sua lingua originale.
E' una poesia che parla della nostalgia, autore Kadarè.

Anonimo ha detto...

Alfio,mi piace il tuo blog.

Alfio ha detto...

Cara Valbona,
mi fai grande onore postando questa poesia, così, senza pudori adulti né fronzoli significativi... con queste «ç» che remano un po' sul rigo, queste «q» finalmente senza «u», tronche tuttalpiù accompagnate ad una «e».
E gli attachi liquidi in «rr» o in «mby kelk»...
Meraviglia.

Non potremo che essere contenti se un giorno volessi tradurcela, ma intanto anche così stiamo più che bene.
Lascerò alla curiosità dei lettori del blog scoprire di che lingua si tratti, per non dire del suo autore.
Confido allo stesso modo nella loro testardaggine e nella loro pigrizia.
Ancora grazie!

Alfio ha detto...

A distanza di qualche giorno aggiungo qualcosa su questa poesia.

Nonostante potrebbe essere a qualcuno già chiaro, tengo a dire apertamente che questi versi sono un omaggio alla canzone dallo stesso titolo di Léo Ferré (il testo è in verità di Jean-Roger Caussimon) e in generale a lui, a Léo, a tutto ciò che ha messo nella sua musica, nella sua voce, nei suoi lunghi capelli bianchi, nella sua arte fatta a un tempo di poesia e di lotta.

 

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